La macchina nella società contemporanea
Il termine macchina identifica genericamente un qualsiasi artefatto atto a svolgere una determinata funzione che risulterebbe naturalmente preclusa all'uomo.
La macchina nasce quindi come mezzo di potere. Nella "lotta" contro la natura, la macchina dà abilità che possono essere associate alla divinità o alla magia (si pensi allo stupore che poteva generare migliaia di anni fa la padronanza del fuoco o dell'arco). Negli scontri tra uomini è invece determinante per cambiare gli equilibri di battaglie e guerre. E' noto per esempio come la rapida ascesa degli Ittiti fosse legata alla produzione delle prime armi in Acciaio (
Età del Ferro, tardo II millennio a.C.).
Ogni tecnologia sufficientemente avanzata è indistinguibile dalla magia.
(Arthur C. Clarke)
Il termine macchina così come lo conosciamo oggi compare nella tragedia greca, in particolare con Euripide. In questo contesto l'espressione "
Deus ex Machina" viene coniata per indica l’apparizione di una divinità, realizzata a teatro mediante un meccanismo che ne permetteva la discesa dall’alto. Questo intervento divino permetteva di decidere una situazione altrimenti irrisolvibile secondo i classici principi di causa ed effetto.
Per estensione, tale locuzione è andata ad indicare un evento o un personaggio che, nel corso di una narrazione, ne risolve inaspettatamente gli intrecci.
Il termine mekhane (dal greco, poi tradotto nel latino machina) viene quindi coniato per indicare uno strumento in grado di donare potere a chi lo utilizza, e viene inizialmente utilizzato in riferimento a macchine belliche (spesso balistiche). La sua connotazione resta però marcatamente negativa.
La macchina dà potere nei confronti della natura e origina quindi irrispettosità e superbia nell'uomo.
A questa definizione di
macchina come strumento
contro-natura, si opporrà a partire dalla prima rivoluzione industriale la macchina come
ingenium (engine -
Charles Babbage,
inizo 1800 ), semplice espressione dell'ingegnosità e della creatività umana.
Ciò ribalta il rapporto tra uomo e macchina: la macchina è ora il risultato di conoscenza e tecnologia al servizio dell'uomo, al fine di migliorarne le condizioni di vita.
Questa è la moderna e forse utopistica visione della macchina.
Come il confine tra causa ed effetto, tra utilizzatore ed utilizzato, è spesso tanto sottile da renderli indistinguibili, però, così risulta labile la distinzione tra uomo e macchina.
"
cogito ergo sum" è la formula con cui Cartesio esprime la certezza indubitabile che l'uomo ha di sé stesso; è la consapevolezza del raziocinio, che dovrebbe differenziarlo da animali e macchine.
Ma sempre più spesso la tendenza è quella di meccanizzare l'uomo ed umanizzare la macchina.
La civiltà sta producendo macchine che si comportano come uomini e uomini che si comportano come macchine.
(Erich Fromm)
Negli anni immediatamente successivi alla seconda rivoluzione industriale per esempio,
Frederick Winslow Taylor nella sua monografia del 1911
The Principles of Scientific Management, teorizza il lavoratore ideale come asservito alla macchina.
La presenza di macchinari sempre più specializzati nelle fabbriche, determina infatti la sostituzione degli operai di mestiere con operai dequalificati, una semplice appendice della macchina.
Allargando i concetti di massimizzazione dell'efficacia e dell'efficienza della fabbrica, anche all'uomo, considerato al pari di una macchina, è affidato lavoro altamente ripetitivo e meccanico; ciò provocò effetti stressanti ed alienanti e in alcuni casi anche disturbi motori agli operai, come documentato dal famoso film di Charlie Chaplin,
Tempi moderni.
E io che avevo avuto paura che mi rifiutassero al rusco per le febbri africane, se solo se ne accorgevano caso mai mi tastassero il fegato! Ma al contrario, sembravano aver l'aria contenta di trovare dei loffi e degli infermi nella nostra mandata.
« Per quello che farai qui, non ha importanza com'è che sei conciato! m'ha rassicurato il medico esaminatore, su due piedi.
-Tanto meglio gli ho risposto io, ma sa, signore, io sono istruito e ho cominciato anche a studiare medicina una volta...»
Di colpo, m'ha guardato di brutto. Ho capito che avevo fatto un'altra gaffe, e a mio danno.
« Non ti serviranno a niente qui i tuoi studi, ragazzo! Mica sei venuto qui a pensare, ma per fare i gesti che ti ordineranno di eseguire... Non abbiamo bisogno di creativi nella nostra fabbrica. E' di scimpanzé che abbiamo bisogno... Ancora un consiglio. Non parlare mai più della tua intelligenza! Penseremo noi per te amico! Tientelo per detto. »
Al contrario, sempre più spesso valutazioni anche importanti sono affidate a macchine, confidando sull'oggettività degli algoritmi.
Ciò riduce, però, scelte complesse a semplici valutazioni, sulla base di un ordine prestabilito ed assoluto di pesi e misure.
Nel film
Io robot per esempio, ambientato in un ipotetico futuro (anno 2035, Chicago) il protagonista, il detective Del Spooner, non si fida dei nuovi e avanzatissimi robot perchè, a seguito di un incidente, uno di questi sceglie di salvare lui lasciando morire una bambina sulla base di un calcolo delle probabilità di sopravvivenza.
Nasce quindi un dibattito etico. Può l'oggettività, così apprezzata dalla scienza, essere alla base di decisioni umane e sociali? E' questo il futuro della macchina?
Difficile dare una risposta oggettiva riguardo a giusto e sbagliato, bene e male.
Basti ricordare come
Adamo ed Eva furono cacciati dal paradiso terrestre per aver mangiato il frutto dell'albero della conoscenza del bene e del male (sempre mossi dalla brama di potere).
Certamente la meccanizzazione della mente umana, a sacrificio di creatività e umanità è altrettanto preoccupante.
Per quanto si possa sempre andare incontro con riconoscenza allo spirito oggettivo [...] da ultimo però bisogna imparare a essere cauti anche nei confronti della propria gratitudine e porre un freno all'esagerazione con la quale ultimamente vengono festeggiate la rinuncia all'io e la spersonalizzazione dello spirito come meta in sè, come liberazione e illuminazione al contempo [...]
L'essere umano obiettivo [...], il dotto ideale, in cui l'istinto scientifico, dopo mille totali e parziali insuccessi, giunge infine alla piena fioritura e all'efflorescenza, è certo il più pregiato strumento che esista: ma deve stare in mano a uno più potente. E' uno strumento, diciamo, è uno specchio: non è "fine a sé stesso".
Concludendo, uomo e macchina saranno in futuro sempre più legati, ma chi asservito a chi? Potrà mai la macchina sostituire l'uomo?
N: Ma noi le controlliamo queste macchine, non avviene il contrario.
H: Be', certo che no, come potrebbero? L'idea stessa è una pura assurdità ma ti spinge tuttavia a chiederti... che cosa è il controllo?
N: È la facoltà di spegnere quelle macchine volendo.
H: Giusto, è così. Hai fatto centro, quello è avere il controllo. Se volessimo potremmo farle in mille pezzi. Prima però converrebbe valutare cosa accadrebbe alle nostre luci, al calore, alla nostra aria.
N: Noi dipendiamo dalle macchine e loro da noi. È questo il concetto consigliere?
Una macchina può fare il lavoro di cinquanta uomini ordinari, ma nessuna macchina può fare il lavoro di un uomo straordinario.
(Elbert Green Hubbard)
Un giorno le macchine riusciranno a risolvere tutti i problemi, ma mai nessuna di esse potrà porne uno.
(Albert Einstein)
A.