martedì 29 marzo 2016

Homework #9, La macchina in Viaggio al Termine della Notte: Le "macchine" principali

La macchina in Viaggio al Termine della Notte: Le "macchine" principali
The machine in Journey to the End of the Night: The main "machines"


Titolo originale


(Edizione Italiana)
Corbaccio
Viaggio al Termine della Notte
Louis-Ferdinand Cèline


All'interno dell'opera, cinque grandi "macchine" vengono criticate dall'autore, che mette a nudo le miserie dell’individuo della società contemporanea:




Céline, controcorrente rispetto al nazionalismo in voga in tutta l'Europa degli anni ’30, denuncia gli orrori della guerra (la prima guerra mondiale), la paura e le debolezze di chi l'ha vissuta.

Lui, il nostro colonnello, sapeva forse perché quei due là sparavano, i tedeschi forse anche loro lo sapevano, ma io, veramente, non lo sapevo. Per quanto lontano cercassi nella memoria, gli avevo fatto niente io ai tedeschi. Ero sempre stato molto gentile ed educato con loro. Li conoscevo un po’ i tedeschi, ero persino stato a scuola da loro, quando ero piccolo, dalle parti di Hannover” (p. 18)

Il colonnello era sempre lì che non faceva una piega, lo guardavo ricevere, sulla scarpata, le lettere del generale che poi strappava a pezzettini, dopo averle lette senza fretta, tra le pallottole. In nessuna di quelle c'era l'ordine secco di fermare quella vergogna? Dunque non gli dicevano dall'alto che c'era uno sbaglio? Un errore riprovevole? Un equivoco? Che si erano sbagliati? Che erano manovre per ridere quelle che avevano voluto fare, non degli assasinii! Ma no! « Avanti colonnello, siete sulla buona strada! » [...] Dunque niente errori? Quello spararsi addosso che si faceva, così, senza nemmeno vedersi, non era proibito! Quello faceva parte delle cose che si possono fare senza meritarsi una bella sgridata. Era perfino riconosciuto, incoraggiato senza dubbio da gente seria, come le lotterie, i fidanzamenti, la caccia coi cani!... Niente da dire. Di colpo scoprivo la guerra tutta intera. Ero sverginato. Bisogna essere all'incirca solo davanti a lei come lo ero io in quel momento per vederla bene la carogna, di fronte e di profilo. Avevano appena appiccato la guerra tra noi e quelli di fronte, e adesso quella bruciava! Come la corrente tra i due carboni, nella lampada ad arco. E non era vicino a spegnersi il carbone! Ci saremmo passati tutti il colonnello come gli altri, anche se sembrava un gran volpone, e la sua carnaccia non avrebbe fatto più arrosto della mia quando la corrente di fronte gli fosse passata tra le due spalle. Ci sono un sacco di modi per essere condannato a morte. (p. 21-22)

All'occhio critico dell'autore non sfugge nemmeno lo sfruttamento delle Colonie in Africa, una grande macchina per spremere dal territorio e dagli autoctoni le poche risorse presenti.

La negreria puzza di miseria, di vanità interminabili, di rassegnazione immonda; insomma proprio come i poveri da noi, ma con più bambini ancora e meno biancheria sporca e meno vino rosso intorno. (p. 162)

Il punto debole dell'Alcide, era che trafficava malgrado i regolamenti militari assolutamente contrari, con i negri della foresta d'intorno e anche con i dodici fucilieri della milizia. Approvvigionava quel piccolo mondo con tabacco di tratta, senza pietà. Quando i miliziani avevano ricevuto la loro parte di tabacco, non gli restava più un soldo da prendere, s'erano fumati tutto. Fumavano persino sull'anticipo. Questo piccolo cabotaggio, vista la rarità di numerario nella regione, danneggiava la riscossione delle imposte, sosteneva Grappa. (p. 177-178)

Anche la meccanizzazione del lavoro del "sistema fabbrica" in America viene criticata dall'autore: la disumanizzazione degli operai, ridotti a macchine, per massimizzare la produttività (attraverso la catena di montaggio alla Ford per esempio) è vista come forma di sfruttamento dei lavoratori, che risultano alienati.

E io che avevo avuto paura che mi rifiutassero al rusco per le febbri africane, se solo se ne accorgevano caso mai mi tastassero il fegato! Ma al contrario, sembravano aver l'aria contenta di trovare dei loffi e degli infermi nella nostra mandata.
« Per quello che farai qui, non ha importanza com'è che sei conciato! m'ha rassicurato il medico esaminatore, su due piedi.
-Tanto meglio gli ho risposto io, ma sa, signore, io sono istruito e ho cominciato anche a studiare medicina una volta...»
Di colpo, m'ha guardato di brutto. Ho capito che avevo fatto un'altra gaffe, e a mio danno.
« Non ti serviranno a niente qui i tuoi studi, ragazzo! Mica sei venuto qui a pensare, ma per fare i gesti che ti ordineranno di eseguire... Non abbiamo bisogno di creativi nella nostra fabbrica. E' di scimpanzé che abbiamo bisogno... Ancora un consiglio. Non parlare mai più della tua intelligenza! Penseremo noi per te amico! Tientelo per detto. » (p. 251-252)

La condizione della periferia, luogo di concentrazione del proletariato e della povertà, è analizzata ampiamente nel libro, e contrapposta alla ricchezza delle vie principali della città, sottolineando le disparità della società moderna.

In periferia, è soprattutto con i tram che la vita arriva al mattino. Ne passavano dei pacchi interi con delle intere scariche di allocchi traballanti, dal mattino presto, per il boulevard Minotaure, che scendevano allo sgobbo.
I giovani sembravano perfino contenti di andarci allo sgobbo. Acceleravano il traffico, s'abbarbicavano ai predellini, quei tesori, sghignazzando. Bisogna vedere. Ma quando conosci da vent'anni la cabina telefonica dell'osteria, per esempio, così lurida che la prendono sempre per il cesso, ti passa la voglia di scherzare con le cose serie e con Rancy in particolare. Le case ti fregano, tutte pisciose come sono, facciate piatte, il loro cuore è del proprietario. Lui non lo si vede mai. Oserebbe mica farsi vedere. Manda l'amministratore, quella carogna. Si dice però nel quartiere che è molto gentile il boss quando lo incontri. Quello non impegna a niente. (p. 267)

I ricchi non hanno bisogno di uccidere con le loro mani per mangiare. Fanno lavorare gli altri, come si dice. Il male non lo fanno loro stessi, i ricchi. Loro pagano. Si fa di tutto per piacergli e tutti sono contenti. Mentre le loro donne sono belle, quelle dei poveri sono brutte. E'  un risultato che viene dai secoli, vestiti a parte. Belle carine, ben nutrite, ben lavate. Da quando c'è, la vita non è arrivata che a questo. (p. 368)

Infine anche l'asilo psichiatrico, già introdotto nella prima parte del libro insieme alla guerra, viene presentato nella sua crudezza, più come mezzo di isolamento dei malati o come fonte di guadagno per i gestori che come effettivo strumento di cura.

Gli affari andavano ancora abbastanza bene. In quell'istituto, Parapine era non solo incaricato del servizio alienati al cinema, ma si occupava in più delle scintille. A ore precise, due volte a settimana, lui scatenava delle vere tempeste magnetiche sulla testa dei malinconici espressamente radunati in una sala tutta chiusa e tutta scura. Uno sport mentale insomma, la realizzazione di una bella idea del dottor Baryton, suo padrone. (p. 456)

Pensandoci adesso, a tutti i matti che ho conosciuto dal vecchio Baryton, non posso fare a meno di dubitare che esistano altre autentiche realizzazioni del nostro io più profondo che non siano la guerra e la malattia, questi due infiniti dell'incubo. (p. 459)


Considerando il libro nel suo insieme, se le cinque grandi macchine criticate dall'autore possono essere considerate rappresentative della notte, la dimensione del viaggio emerge invece attraverso altre"macchine" che ricorrono frequentemente nell'opera:


  • La nave ed il tram
Mezzi di trasporto per i lunghi viaggi attraverso gli oceani o per le più brevi traversate delle grandi città; questi mettono in comunicazione mondi diversi, la Francia e le colonie, la periferia ed il centro, luoghi che altrimenti resterebbero isolati.
  • L'hotel
Nella dimensione del viaggio non può mancare l'hotel, che "insegna le buone maniere" ai viaggiatori:


L'hôtel, diciamolo, è più inquietante, non pretenzioso come un appartamento, ci si sente meno colpevoli. La razza umana sta mai tranquilla e per arrivare al giudizio universale che si terrà per strada, chiaro che in hôtel uno è più vicino, Possono venire gli angeli con le trombe, arriveremo prima noi, scesi dall'hôtel. 
[...]
Difficile farsi illusioni in una camera ammobiliata. I clienti non hanno fegato. E' in punta di piedi che viaggiano sulla vita da un giorno all'altro senza farsi notare, in albergo come su una nave un po' marcia e anche piena di buchi, sapendolo bene. (p. 395)

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